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La Biblioteca del Lupo: un progetto per la tutela del Selvatico tra le montagne della Valchiusella

Un’intervista con Greta, fondatrice della Biblioteca del Lupo, a Traversella.

Koivu: Raccontaci brevemente di te e dei motivi che ti hanno portato in Valchiusella.

Greta: Sono Milanese e ho vissuto la città (tante città) per lunghi anni… però i primi passi, proprio quelli che ho camminato da sola e in piedi per la prima volta, li ho mossi su un ponticello fatto di tavole di castagno invecchiate almeno cento anni (segno del destino) per attraversare un ruscello che a quei tempi era ricoperto di ortiche e che oggi è ricoperto di cemento…

Ero in Valcamonica, come ogni estate da quando mi trovavo nel pancione di mia madre fino ai 20 anni, e tutto quello che ho visto e sperimentato in quel piccolo paese alpino, anno dopo anno, sono state le esperienze per me più significative… quelle che mi hanno dato più gioia.
Per questo – credo – ad un certo punto ho sentito che dovevo ritornare alla montagna, che per me vuol dire equilibrio, radicamento, crescita.

Koivu: Come ti è venuta l’idea di creare una Biblioteca dedicata al Lupo?

Greta: Quando sono arrivata in Montagna per la prima volta, da adulta e sola in una baita isolata, ormai dieci anni fa, ero in Valgrande, l’area wilderness più grande d’Europa. Lì ho imparato ad accendere la stufa a legna e a sopravvivere agli inverni con pochi mezzi a disposizione, muovendomi sempre a piedi, anche per chilometri o con il peso della spesa. Ho imparato molto ma la mia visuale era ancora quella infantile di una montagna mitizzata, di una natura forte, di boschi inviolati. Quando sono arrivata in Valchiusella ho cambiato punto di vista. Abitando nel bosco ho incontrato gli animali selvatici e ho iniziato a condividere con loro un territorio comune.

Muovendomi spesso a piedi ho imparato a riconoscere le tracce lasciate per identificare un territorio, gli odori, le dinamiche di predazione, le tane, le stagioni, le abitudini di molti selvatici… capire l’equilibrio perfetto di un ecosistema come il bosco mi ha fatto comprendere la sua fragilità ed è stato come cambiare pelle o perdere una favolosa innocenza. Sulle tracce dei caprioli e dei cinghiali, delle lepri e delle volpi ho scoperto che l’avidità di certi umani aveva già costruito sistemi di sterminio; all’inizio non riuscivo a vederli chiaramente o, in alcuni casi, a decifrarli. Il lupo mi sembrava troppo spesso il capro espiatorio di una serie di azioni illegali, violente e crudeli compiute in realtà da esseri umani.

Osservare nei bar un cacciatore pavoneggiarsi per aver sparato a un lupo o ascoltare i discorsi sulle reintroduzioni del lupo fatte utilizzando gli aerei o quelli sui branchi affamati e sui poveri agnelli sgozzati è stato per un certo periodo una specie di formazione, per me.

Non mi sono mai voluta piegare né ho voluto accettare le dinamiche predatorie e vessatorie dell’essere umano civilizzato nei confronti degli animali e della natura, così – quando mi trovavo con persone che cercavano di portarmi dalla parte della loro visione fatta di necessità e di tradizione – io tacevo. Dentro di me si stava strutturando una capacità nuova, una specie di forma di resistenza che mi metteva in contatto con il bosco e i suoi abitanti.  In quel periodo ho iniziato a pensare che fosse importante creare un luogo in cui incontrarsi e confrontarsi sulle tematiche relative al ritorno del lupo in Valchiusella, dopo cento anni, e dove interrogarsi sul significato di questo ritorno… pensavo che i libri potessero rappresentare uno strumento utile perché ognuno potesse arricchirsi e crescere… conoscere cose nuove… scoprire.

Per questo la Biblioteca mi è sembrato il veicolo migliore: libri in consultazione o in prestito in uno spazio condiviso, e tutto questo in montagna. Portare i libri in montagna, anzi… costruire in un piccolo paesino un importante centro di documentazione sul lupo e sul mondo selvatico, in diverse lingue.

Koivu: Da quando hai aperto ad ora cosa è cambiato? Che riscontro hai avuto dagli abitanti del luogo?

Greta: Sono due anni che a Traversella la Biblioteca  del Lupo è aperta al pubblico tutti i sabati e tutte le domeniche, dalle 10 di mattina alle 5 del pomeriggio (oppure su appuntamento).

L’iniziativa è stata da subito un bel successo, soprattutto perché, se prima si parlava del lupo sotto forma di mostro da ammazzare e sotterrare da qualche parte per poi vantarsi, adesso esiste un luogo in cui chi sente di volerne parlare in un altro altro modo può farlo senza sentirsi a disagio o “escluso” dal pensiero dominante. Ci si può documentare, si possono scambiare libri, comprare libri in cambio di donativi o offerte. Si può dedicare un po’ del proprio tempo per abbellire lo spazio o contribuire con quello che si è in grado di fare e proporre attività sempre più interessanti, come laboratori per bambini, letture e presentazioni di libri.

Koivu: Sappiamo che esiste un progetto di monitoraggio dei selvatici e antibracconaggio  collegato con la Biblioteca: ci racconti qualcosa?

Greta: La Biblioteca del Lupo partecipa ufficialmente al primo monitoraggio sulla popolazione del lupo in Italia, organizzato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e coordinato sul settore Alpino dal progetto Wolfalps EU, all’interno del quale siamo volontari per la raccolta su

l campo di escrementi e tracce di presenza. Il monitoraggio è iniziato lo scorso autunno e proseguirà per i prossimi quattro anni. In parallelo la Biblio porta avanti una ricerca indipendente sul campo: essere presenti nei boschi per un monitoraggio ufficiale e ben strutturato come quello a cui partecipiamo ci ha svelato molte dinamiche di bracconaggio e di caccia di frodo… chi segue il lupo trova il bracconiere.

Che fare? Raccolta di dati e di tracce, anche dei bracconieri.
Si conosce così poco del fenomeno del bracconaggio eppure è così facile scoprirne le dinamiche… i bracconieri e i cacciatori di frodo sono illusionisti… ti fanno vedere quello che vogliono e ci riescono alla perfezione. Noi immaginiamo un bracconiere addentrarsi nel folto del bosco co

n un grande fucile  sulle spalle, che insegue il capriolo e infine lo colpisce o qualcosa del genere.

La realtà è molto diversa.

Il bracconiere o chi caccia fuori stagione è solito binocolare per capire dove passano i selvatici… a quel punto crea un passaggio obbligato o attira gli animali con esche. Gli animali vengono abbattuti dopo essere stati catturati con lacci o con cavi d’acciaio e vengono finiti sul posto, vengono “preparati” (ovvero decapitati e svuotati) e caricati su di un furgone con i vetri oscurati o su un pick-up… tutto questo avviene sulla strada o davanti alle abitazioni: minimo rischio, massima resa

. Senso di impunibilità .Comodità. Facilità.

I lupi, i caprioli, i cervi, i cinghiali e le volpi non sanno cosa sia il senso di impunibilità, di conseguenza  stanno sempre molto attenti a evitare l’essere umano. L’essere umano, invece, nella sua presunta superiorità, lascia in giro un mucchio di tracce… e poi parla tantissimo: parla, parla… quindi anche ascoltare è molto importante. Il gruppo di lavoro antibracconaggio coinvolge un numero sempre crescente di persone responsabili: tenere il diario delle fucilate è un’attività quotidiana che ormai portiamo avanti con rigore. Recuperare carcasse o elementi che possano testimoniare avvelenamenti o uccisioni di specie protette è un altro aspetto del lavoro di gruppo che stiamo portando avanti.

I fototrappolaggi, poi, ci aiutano a monitorare il passaggio dei selvatici nei vari momenti dell’anno e a farci un’idea anche del loro stato di salute… volpi zoppicanti, caprioli che perdono sangue, volpi che spariscono… lupi che ritornano. Ogni video racconta qualcosa di importantissimo che avviene in un piccolo momento, in una microscopica porzione di bosco.

Le fototrappole mettono a disagio alcune persone, soprattutto quelle che non sanno cos’è una fototrappola e come lavora. Abbiamo notato che alcune delle persone che si sentono violate nel loro diritto alla privacy considerano “privacy” il diritto di commettere illeciti, come rubare o come ammazzare animali o depredare iI sottobosco, per esempio “pettinando” le piante di mirtillo con i rastrelli o “pescare” le trote nei torrenti con barre elettrificate, per stordire i pesci.

Le fototrappole vengono quindi anche rubate.

Ma abbiamo capito che una fototrappola rubata fornisce molte più indicazioni a riguardo dello sfruttamento del territorio di qualsiasi passaggio di selvatici. Chi commette illeciti contro animali selvatici lo fa vicinissimo a casa o direttamente nei propri terreni, con trappole di vario genere (anche gabbie o fosse scavate con barre acuminate, carcasse avvelenate, cavi d’acciaio), pertanto una fototrappola piazzata sapientemente su un passaggio di selvatici e di cacciatori verrà rubata  al 100%. Guardiamo il lato positivo.

 

Koivu: Cosa ti aspetti dal futuro, ti sembra che qualcosa si evolva? Hai nuovi progetti?

Il futuro mi sembra che sia già iniziato, se stiamo lavorando e collaborando a progetti che mirano a proporre una visione meno violenta del vivere la montagna. O forse una visione più mirata al “vivi e lascia vivere la montagna e i suoi abitanti”.

Non dobbiamo per forza ordinare polenta e cinghiale o polenta e capriolo al ristorante… possiamo iniziare a chiederci se chi ha prodotto un certo formaggio lo ha fatto rispettando tutti gli animali che utilizzano il “suo“ pascolo o se li ha prima sterminati per far brucare le caprette o i vitellini. Sarebbe bello se almeno venire nella natura, sperimentare la montagna, potesse aumentare la nostra consapevolezza di essere parte di quello che siamo venuti a ricercare in questi luoghi. Sarebbe bello provare ad ascoltare il bosco e proteggerlo con minimi gesti, come ad esempio camminare.

 

Contatti:

BIBLIOTECADEL LUPO 
PIAZZA MARTIRI

TRAVERSELLA (di fianco alla chiesa)
info@bibliotecadellupo.it
instagram @bibliotecadellupo
whatsapp 3498118058

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